27
Ott

La vicepresidente del Parlamento europeo: «Se Hamas non verrà eradicata sarà impossibile dare voce alla diplomazia. Allargare Irini? Serve una missione per salvare le vite in mare»

La proposta di Ursula von der Leyen di rafforzare la missione Irini, allargandola al contrasto al traffico degli esseri umani, non pare convincere del tutto la vicepresidente dem del Parlamento Ue, Pina Picierno, anche perché, dice, «le missioni dell’Ue non sono immaginate per accontentare questo o quel governo, ma per affrontare le crisi internazionali ». 

Picierno, eppure al governo l’idea piace. Cosa non va nella proposta? 
La Irini nasce per compiti specifici, circoscritti all’embargo per le armi del teatro di guerra libico. Potrebbe essere utile una sua estensione, ma prima di questa andrebbe stabilita una missione specifica per la salvezza delle vite in mare, come fu per Mare Nostrum. Il traffico di essere umani non si ferma rendendo il Mediterraneo un cimitero. 

Però il problema della pressione sull’Italia resta, come costruire un sistema di accoglienza europeo e solidale? La ridistribuzione è una necessità o no?
Lo è ovviamente. Ma lo è in un contesto di riforma complessiva del Regolamento di Dublino. Temo che non sarà possibile procedere per pezzi separati. Se la discussione avverrà solo sulla ridistribuzione, dovremmo confidare esclusivamente nella solidarietà. Invece il tema è epocale, riguarda tutta l’Europa e come tale andrà affrontato. Riguarda anche la politica estera, di cooperazione e di difesa, come il conflitto in Medio Oriente sta dimostrando. Il Mediterraneo è una enorme sfida, di cui il tema dei migranti è parte fondamentale.

Anche in Europa sta passando l’equazione “migranti uguale terroristi”.Non è così, ovviamente, ma il problema resta. Come bisogna agire secondo lei?
Con cautela e fermezza. L’equazione è una sciocchezza, ma dobbiamo garantire sicurezza, evitando che le rotte dei migranti siano utilizzate per minacciare le nostre società. Gli strumenti di intelligence vanno rafforzati, ma non cederemo mai all’idea che le nostre democrazie possano recedere dai principi di accoglienza, apertura e pluralismo. E che uno dei fondamentali pilastri dell’Ue sia Schengen e la libera circolazione.

Passiamo alla guerra. La Germania si è detta contraria a una tregua, mentre c’è condivisione sugli aiuti umanitari. Lei crede si debba cercare un cessate il fuoco?
Non credo sia un caso che il cessate il fuoco venga chiesto da Paesi come Iran e Russia. In Europa abbiamo stabilito l’esigenza di una tregua umanitaria che prevede la necessità di assistere la popolazione civile attraverso gli aiuti. Ancora in maniera non sufficiente, ma dobbiamo sapere che ci muoviamo in un contesto compromesso e difficile. Bisogna tentare, e ancora tentare, con tenacia.

Fino che punto può arrivare la reazione (seppur legittima) di Israele?
Fino all’eradicazione delle minacce alla propria sicurezza, democrazia e convivenza civile. La minaccia oggi è Hamas e va perseguita nel rispetto del diritto umanitario internazionale. Si dimentica troppo in fretta che, quando sul campo persistono forze dichiaratamente terroristiche e che hanno, per statuto, l’eliminazione dello Stato e del popolo di Israele, è impossibile ridare voce alla politica e alla diplomazia. Il tempo darà ragione a Macron, saremo chiamati ad una grande coalizione internazionale contro Hamas e a sostegno della stabilità dell’area, così come è accaduto per l’Isis. Non sfugge che le condizioni siano assai diverse, ma l’isolamento di Israele non è un’opzione.

Quale deve essere il ruolo dell’Italia?
Come per il conflitto in Ucraina, a dispetto di molti, abbiamo ritrovato nelle nostre alleanze internazionali – Nato e Ue – un motivo di forza e condivisione. Questa è la strada. Lo è a maggior ragione quando le crisi riguardano il nostro mare. È giunto il tempo in cui tutti riconoscano che avere una Ue più forte, con politiche ancora più condivise di quanto lo siano oggi, significa rafforzare ogni Stato membro.

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